Intensità, estrazione e che altro?
Riepilogo sulla teoria dell'espresso
(Parte II - Estrazione)
Dopo l'intensità, già discussa nel precedente articolo di questa serie, l’estrazione è la seconda caratteristica quantitativa che caratterizza la tazza.
Se l’intensità non è, in base alla definizione di cui sopra, legata alla quantità di caffè in polvere utilizzata per la preparazione dell’espresso, per quanto riguarda l’estrazione il discorso è diverso.
L’estrazione è il rapporto tra quanta polvere di caffè inserita nel filtro (la dose) e quanto caffè (o meglio, componenti solubili del caffè) è finito in tazza nel corso dell’erogazione.
Un’elevata estrazione sta ad indicare che una quantità sostanziale del caffè inserito nel filtro è stato trasferito in tazza dal flusso d’acqua, al contrario una bassa estrazione indica che i solubili sono stati trasferiti in tazza in misura minore. L’estrazione è quindi, in un certo senso, una misura dell’efficacia del processo di produzione dell’espresso. A parità di dose un espresso ha estrazione superiore ad un altro se durante la sua produzione una quantità maggiore di caffè è passata dalla mattonella alla tazza, a prescindere da quanta acqua è stata richiesta per effettuare il trasferimento.
Ancora una volta l’estrazione è misurabile: pesando il caffè inserito nel portafiltro prima dell’estrazione e misurando i TDS in tazza con l’utilizzo di un refrattometro a fine estrazione. La percentuale di estrazione, cioè la percentuale di caffè che dal portafiltro è finita in tazza può essere determinata da:
% Estrazione = (%TDS x peso in tazza) / dose
Si noti che l’estrazione percentuale, proprio perché è una misura di efficienza e non di efficacia, non dipende dalla quantità d’acqua utilizzata per trasferire i solubili dal filtro alla tazza, cosa da cui dipende invece l’intensità. Dato che il caffè è composto per circa il 28% di solidi solubili, in teoria, si potrebbe al massimo ottenere un’estrazione pari a circa il 28%. È altresì evidente che ciò richiederebbe parecchi minuti, se non ore o giorni, per succedere. Di conseguenza, l’estratto ottenuto sarebbe ben più, in peso, rispetto alla classica tazzina (probabilmente sarebbe un secchio oppure una damigiana!) e risulterebbe completamente privo di intensità.
Un caffè intenso quindi non è necessariamente caratterizzato da elevata estrazione e viceversa, un caffè con elevata estrazione non necessariamente è molto forte. Così come in molte situazioni reali efficienza ed efficacia sono generalmente non ottimizzabili contemporaneamente ma soggetti ad equilibri paretiani, anche l’estrazione e forza sono in tarde-off: un aumento della percentuale estratta determina generalmente una riduzione dell’intensità e vice versa.
Questa verità universale, su cui torneremo nel prossimo post dedicato al tema, è dovuto al fatto che la quantità di solidi che si disciolgono nell’acqua è nei fatti una funzione non lineare del tempo di estrazione e della quantità d’acqua che attraversa la mattonella di caffè, oltre che avere caratteristiche olfattive e gustative che variano nel corso dell’estrazione. La tazza perfetta richiede quindi la ricerca di un equilibrio perfetto tra intensità ed estrazione.
A presto con il successivo articolo di questa serie!
Comments on this post (1)
gran bell’articolo dagli approfondimenti tecnici essenziali ma esaustivi!! A quando gli approfondimenti? il mondo italiano del caffè ne avrebbe veramente bisogno!
— stefano